La Toyota negli ultimi 50 anni si è trasformata da piccola realtà produttiva di telai per cucire in un’azienda leader del comparto automobilistico. Una realtà produttiva dell’Asia più aggressiva che, insieme alla Sony, è riuscita ad imporsi sui mercati mondiali in tempi relativamente brevi.
Nel 2008 l’azienda ha realizzato lo storico sorpasso della General Motors, diventando la prima azienda automobilistica su scala internazionale. I profitti realizzati l’hanno portata al quarto posto nella classifica mondiale, dopo importanti aziende petrolifere come la Exxon, la Shell, la Bp.
Alla base del successo raggiunto dalla Toyota vi è stato per lungo tempo un modello di business basato su efficienza, qualità e servizio impeccabile, come ben sintetizzava il claim pubblicitario che, per anni, ha martellato la clientela “To.To.To”, ovvero “Today, Tomorrow, Toyota”.
Quale la situazione attuale e soprattutto quale è il futuro che attende la Toyota nei prossimi mesi? Le prospettive sono tutt’altro che floride: oggi l’azienda si trova a dover combattere non tanto e non soltanto per contrastare la crisi finanziaria, quanto piuttosto contro una crescente diffidenza da parte dei clienti, generata da una serie di disservizi che sembrano aver messo in discussione i punti di forza del colosso asiatico.
L’immagine aziendale, negli ultimi tempi, è stata messa a dura prova, su scala internazionale, dagli imponenti ritiri di autovetture dal mercato, circa 8,5 milioni in tutto il mondo, che hanno causato all’azienda un danno economico di circa 2,6 miliardi di dollari di costi vivi. I problemi al pedale dell’acceleratore, montato su ben 8 modelli (Aygo, Auris, Aventis, Corolla, iQ, Rav4, Yaris, Verso) della nota casa automobilistica era già noto da tempo ai vertici aziendali. I primi provvedimenti sono stati presi, secondo i clienti, tardi. Troppo tardi per non destare sospetto negli osservatori e negli addetti ai lavoro.
E’ così sotto accusa il modello produttivo della Toyota che, come ha ammesso il Presidente Akio Toyoda, durante una drammatica udienza davanti alla Commissione d’inchiesta del Congresso Usa, trasmessa in diretta tv in America ma non in Giappone, ha puntato esclusivamente a generare profitto ad ogni costo.
Il pronipote di Sakiichi Toyota, fondatore dell’impero, ha dichiarato “nel cercare di ingrandirci sempre più abbiamo perso di vista le priorità che sono sempre state simbolo dell’azienda: qualità e sicurezza”.
Il profitto è stato raggiunto dall’azienda a scapito dei lavoratori, sottoposti a turni lavorativi quasi massacranti e con poche soddisfazioni in termini economici per gli operai: negli ultimi 30 anni, mentre l’azienda ha visto crescere di ben 30 volte i propri profitti, il salario dei lavoratori si è solo triplicato.
Gli operai Toyota oggi sono colpiti da precarietà e licenziamenti a pioggia, come accade in tante altre case produttrici di automobili, una situazione che sta facendo crescere anche i malesseri a livello sociale.
Nella cittadina che 50 anni ha rinunciato al nome storico di Komoro per essere ribattezzata Toyota, la vita scorre lenta. Molto più lenta che in passato. Negozi, Bar ed Autosaloni sono deserti: l’aumento dei suicidi, che per la verità ha interessato, l’intero Giappone si fa sentire anche nella cittadina di Toyota. Fonti non ufficiali parlano di 21 suicidi in più che si aggiungono a dati altrettanto preoccupanti di crescita del numero di ricoveri in ospedali psichiatrici, di incidenti stradali e di johatsusha (evaporati), persone che spariscono nel nulla o che si danno al vagabondaggio.
I media nipponici, sempre generosamente sostenuti dalla Toyota, hanno dato poca rilevanza ad una notizia a dir poco inquietante: il 12 marzo un operaio è stato ritrovato cadavere in uno stabilimento, in una Prius nuova di zecca.
La notizia è stata diffusa dal New York Times, segno evidente di quanto l’informazione in Giappone sia sottoposta a filtro e censura.
Ad appesantire il clima è stata la decisione del governo Koizumi di estendere anche al settore manifatturiero la possibilità di assumere manodopera a termine. Una decisione che probabilmente ha influito sulle pessime performances produttive degli ultimi tempi della Toyota. Che oggi è chiamata a dare risposte se vuole continuare a rappresentare un modello produttivo ed imprenditoriale nel mondo.