Secondo le rilevazioni compite dall’Associazione di Categoria, Federacciai, il settore siderurgico italiano nei primi 5 mesi del 2010 è tornata a crescere: la produzione è salita del +37,8% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, per un totale di oltre 11,2 milioni di tonnellate.
Si tratta di un dato molto positivo. Ma nonostante questo, la crescita secondo il Presidende Giuseppe Pasini rappresenta “ripresina che non sembra avere basi solide se si considera quanto sta avvenendo oltre i confini italiani”. Il benchmark internazionale rende bene il senso di queste affermazioni: paesi nostri diretti concorrenti, come la Germania, infatti, hanno registrato un incremento ben superiore: “nei primi 4 mesi del 2010, la produzione di acciaio e' cresciuta del 61,9%. E la stessa Ue a 27 ha messo a segno un +44,3%''.
Il segnale che si rileva negli andamenti del comparto è quindi positivo ma con qualche ombra: il 2009 è stato per l’Italia un anno catastrofico, chiuso con un crollo della produzione del -35% rispetto all'anno precedente. A livello europeo vi sono stati dei cali, ma decisamente più contenuti rispetto all’Italia: non si è toccato il -30% rispetto all'anno precedente, mentre la produzione globale è calata complessivamente dell'-8,1%.
Nel 2010 la siderurgia italiana è tornata a correre, ma arrivando a performances al di sotto della media europea. Alla luce di questa situazione, diventa fondamentale che l’Italia riesca non solo a crescere, ma anche a correre più degli altri per recuperare il terreno perso.. Inoltre le performances positive registrate nei primi 5 mesi dell’anno, se analizzate in profondità, rivelano alcune criticità: i prodotti “piani” (auto motive, cantieristica navale ed elettrodomestici) sono cresciuti del 57% contro i cosiddetti “lunghi” (tondini per edilizia, laminati commerciali, travi, ecc.) che, dopo un 2009 drammatico, nei primi mesi dell’anno, hanno registrato un incremento molto più contenuto (+6,6%).
Per tornare ad essere competitivo, il comparto deve affrontare una questione strutturale molto scottante, quella della sovra-produzione che potrebbe portare nel giro di poco tempo alla chiusura di molte imprese.
I segnali che mettono in guardia rispetto al problema della sovra-produzione ci sono tutti: tra questi soprattutto le circa 24 mila persone oggi si trovano in cassa integrazione o con contratti di solidarietà, perché le imprese hanno rallentato i propri ritmi. Basti pensare, a titolo esemplificativo, che una grande azienda come la Siderurgica Investimenti lavora ormai al 50% della potenzialità dei suoi impianti, concentrando le attività lavorative di notte e nei week-end, bloccando interamente la produzione per una settimana al mese.
Chi conosce bene il settore, come Pittini, al vertice di un’impresa siderurgica che fattura 1 miliardo di euro afferma che “non torneremo più alle condizioni ante-crisi”. Una dichiarazione che lascia davvero poche speranze. E che trova conferma nelle considerazioni che valgono oggi anche per altri settori produttivi: quando terminerà la cassa integrazione molti operai non potranno ritornare in azienda e la situazione diventerà ancor più pesante di quella attuale. Le prospettive ed i numeri stimati per il futuro sembrano parlare da soli, soprattutto in termini di occupazione: nel 2009, circa 25 mila addetti del settore sono stati interessati da ammortizzatori sociali, e ''solo grazie all'impegno degli imprenditori – aggiunge il Presidente Pasini – si sono evitati licenziamenti".
Per tornare a correre servono piani di sviluppo strategico di breve e lungo periodo: se da un lato le aziende del comparto sono chiamate a rafforzarsi sui mercati esteri, promuovendo fusioni ed acquisizioni, dall’altro il Governo dovrebbe far ripartire le commesse pubbliche per dare respiro e fiducia al comparto e a "difendere in ambito europeo la competitività delle nostre aziende e della nostra economia, combattendo fenomeni di concorrenza sleale, orientando l'Europa a politiche ambientali piu' realistiche e piu' eque".