Sarà ricordato come un Natale sottotono e a rischio da molti lavoratori in Italia. Ma mentre la stampa e la televisione ci raccontano del fenomeno della cassa integrazione che sta colpendo tanti lavoratori, operai e dipendenti, in pochi parlano del processo di riorganizzazione in atto in molte imprese, che sta determinando la fuoriuscita di molti manager e quadri, soprattutto nel settore hi-tech e farmaceutico.
Il taglio del costi del personale non risparmia nemmeno il capitale umano che nel nostro Paese è dotato di maggiore competenza e professionalità.
Il rischio di questo indiscriminato sperpero di capitale umano è quello di ritardare la ripresa economica, un rimedio addirittura peggiore del male. Perché ad uscire dalle aziende insieme a questi dirigenti è anche il loro livello di professionalità e seniority. Aspetti che non possono essere rimpiazzati con l’introduzione di nuove risorse più giovani e con minore esperienza.
IL PROFILO
– Chi sono: per il 93% si tratta di uomini con un’età media di 50 anni. La percentuale di donne risulta molto modesta (il 7%) ed ha in media 47 anni. Quasi tutti (il 95,6%) hanno un livello di istruzione alto: il 51,2% ha conseguito la laurea e il 37,6% possiede un diploma. Dei laureati il 38,9% ha conseguito una laurea in discipline tecnico-scientifiche (il 38,9%), solo il 6,8% in ambito umanistico. Dove sono: la stragrande maggioranza dei manager (il 70,5%) che lavorano in Italia lavora nel Nord Italia. Il dato risulta coerente rispetto alla distribuzione delle aziende sul territorio nazionale.
In passato queste risorse mediamente cambiavano 3 aziende nel corso della loro vita lavorativa e ad ogni cambio corrispondeva un avanzamento di carriera. Oggi la tendenza è a conservare il proprio posto di lavoro. Non sono rari i casi in cui un quadro, ricevuta la lettera di licenziamento per ristrutturazione aziendale, abbia preferito, piuttosto che rimettersi in cerca di lavoro, accettare una riassunzione con una posizione inferiore.
LE FIGURE PIU’ COLPITE DALLA CRISI
Ad essere colpiti sono alcuni profili fondamentali per la definizione di strategia aziendale di medio lungo periodo:
– il responsabile della pianificazione strategica: si ragiona trimestrale di cassa e sul brevissimo periodo, dimenticando la pianificazione di medio lungo periodo. E questo finisce con il penalizzare i dirigenti che se ne occupavano in precedenza in azienda.
– Il responsabile ricerca è sviluppo: anche questo comparto comincia ad essere investito dalla crisi. Molte multinazionali stanno trasferendo i laboratori all'estero, nella sede della casa madre. La perdita di laboratori in Italia comporta di necessità un ridimensionamento della capacità innovativa.
– I manager generalisti: i tanti manager che dopo aver raggiunto una posizione dirigenziale hanno smesso di formarsi ed oggi non sono in grado di governare la complessità che il mondo del lavoro richiede.
Per loro una possibile via d’uscita può essere la specializzazione e l’acquisizione di competenze specifiche attraverso percorsi mirati di formazione, un ambito nel quale può essere utile investire. I fondi paritetici interprofessionali destinati ai manager dipendenti, in quest’ottica, possono rappresentare un’importante risorsa per favorire la creazione di cultura manageriale in azienda e qualificare i propri dirigenti.
I NUMERI DELLA CRISI
In Italia nel 2008 l’Aldai (fonte: ricerca sullo sperpero di capitale umano curata dal professor Michele Colasanto, sociologo dell'Università Cattolica di Milano) ha stimato un incremento nell’uscita dei manager dell’industria pari al 35%. In totale si tratta di circa 1.000 risorse industriali attive in Lombardia, una delle regioni in cui il tessuto industriale ed economico è più vivace e dinamico.
Il fenomeno della fuoriuscita di queste risorse, per la verità, era già in atto: nel triennio 2004-2007, infatti, in Lombardia il calo dei dirigenti si è ridimensionato del 4,2%. Ma sta subendo una decisa impennata per effetto della crisi degli ultimi mesi del 2008.