E’ stato pubblicato lo scorso 19 maggio dal Fondo Monetario Internazionale il Regional Economic Outlook dedicato all'Asia e al Pacifico. Secondo le previsioni, il “gigante asiatico” continuerà a correre veloce. La crescita economica prevista per il 2006 è del 7% a fronte del 6% previsto nell’agosto scorso, sostenuta principalmente dall'esportazione di prodotti elettronici. Uno scenario estremamente positivo che trova nel possibile ulteriore rialzo del prezzo del petrolio la sua unica minaccia. All’interno del documento diffuso dal FMI, i paesi asiatici sono stati distinti in due grandi gruppi:
– gli industrial Asia: ovvero paesi con un livello di industrializzazione già estremamente evoluto (Giappone, Australia e Nuova Zelanda)
– gli emerging Asia: ossia paesi in forte espansione (Cina, India e gli altri paesi di recente industrializzazione (NIEs), come Hong Kong, Corea, Singapore e Taiwan + 4 Paesi Asean: (Filippine, Indonesia, Malesia e Thailandia).
Del resto la crescita di quest’area geografica è ormai una realtà con cui tutti i paesi si stanno confrontando. Basti pensare che nella seconda metà del 2005 la crescita della Cina e degli altri 4 Paesi Asean è stata addirittura maggiore delle previsioni di agosto dello stesso FMI. Anche India e Giappone, nello stesso arco di tempo, hanno riservato piacevoli sorprese. Le uniche eccezioni a questo trend positivo sono state rappresentate dall’Australia e dalla Nuova Zelanda, con una crescita ben al di sotto dellestime.
Come in passato, Sono i beni elettronici a trainare le economie di questi Paesi, in particolare video LCD, MP3, soluzioni Wireless che hanno un peso percentuale sul totale delle esportazioni pari ad un terzo. E la domanda, almeno per tutto l’anno in corso, continuerà a mantenersi elevata in Usa ed Europa.
Valori che spiegano il perché da qualche tempo a questa parte sull’area asiatica sono puntati gli sguardi attenti di molti Organismi finanziari, investitori e multinazionali. Secondo una recente indagine di Boston Consulting Group:
– le due locomotive India e Cina insieme agli altri Paesi più dinamici dell'area nel 2010 acquisteranno circa un terzo di quanto viene prodotto dalle aziende occidentali
– nei prossimi 10 anni questi Paesi saranno protagonisti del 40% della crescita del Prodotto interno lordo mondiale. Ma l'Italia non sembra però essere in grado di cogliere al meglio le opportunità derivanti dall’area asiatica. Secondo la "Guida rischio Paese 2006" realizzata da Coface, leader nell'assicurazione dei crediti export, il made in Italy nel decennio 1994-2004 ha perso terreno soprattutto nell'Asia orientale (passando dall'8,5% al 6,6% in valore) e in Medio Oriente (3,7% rispetto al 4,1% del '94).
Fortunatamente gli imprenditori italiani mantengono le posizioni nel Nord America, ma soprattutto stanno sfruttando bene le occasioni offerte dalla crescita economica dell' Europa dell'Est (che passa dall'8,2 al 12,3 per cento). Tale tendenza è confermata dai dati elaborati dalla Fondazione Edison secondo i quali le vendite italiane nell'Europa dell'Est tra il 1999 e il 2005 sono aumentate in valore del 100%.