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La crisi frena ma non ferma la vendita on line

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Il commercio elettronico nel corso del 2009 in Italia è cresciuto, anche se a ritmi decisamente più blandi rispetto agli anni precedenti.

Soprattutto in alcuni settori: secondo le rilevazioni Osservatori.net le vendite realizzate da siti italiani (e-commerce b2c) nel 2009 dovrebbero aver superato di poco i 5,8 miliardi di euro. Rispetto al 2008 la situazione è rimasta sostanzialmente invariata, con un incremento pari all’1%. Al di là del valore aggregato, per avere un’idea della situazione, è molto importante prendere in esame i singoli settori che hanno registrato dinamiche tra loro anche molto differenti. Oltre il 60% degli operatori presi in esame nella ricerca Osservatori.net, infatti, ha dichiarato una crescita del fatturato nell’ultimo anno: il 66% di loro ha dichiarato che l’incremento è stato addirittura superiore al 20%.

Il principale freno all’espansione del fatturato complessivo è stato rappresentato, naturalmente, dalla crisi economica: a fronte di un aumento del numero di ordini (+13%), si è verificato una contestuale riduzione del valore medio dello scontrino (-10%), segnale evidente della maggior cautela negli acquisti degli italiani anche tramite il web.

Concentrazione del mercato – la concentrazione del mercato resta sostanzialmente stabile: le prime 20 iniziative imprenditoriali online per fatturato detengono il 72% del mercato. Se si escludono eBay e Yoox, gli operatori che figurano nella top 20 vendono servizi (12 nel Turismo, 4 nelle Assicurazioni e 2 nella Telefonia), a conferma della forte differenza rispetto ai Paesi più avanzati: in USA, UK e Francia, infatti, almeno 15 dei primi 20 siti di commercio elettronico offrono ai propri clienti prodotti (in USA sono addirittura 18 su 20).

Diversamente da quanto accade nei principali mercati stranieri, in Italia, nel 2009, hanno prevalso le vendite di servizi (66%) rispetto a quelle di prodotti (34%). In USA, UK, Francia e Germania le vendite di prodotti valgono circa il 60% dell’eCommerce. In questi Paesi i prodotti più venduti – in termini di fatturato – appartengono alle categorie merceologiche dell’Informatica ed elettronica di consumo (tra il 15 e il 30%) e dell’Abbigliamento (tra il 10 e il 15%). Diversamente dall’Italia sono però significativi i fatturati realizzati in altri comparti che da noi sono solo marginalmente presenti online, come il Grocery (10% in UK e 5% in tutti gli altri mercati) ed i prodotti per la casa e per l’auto.

Nel 2009 i prodotti crescono più dei servizi: Al di là dei valori assoluti, che registrano una forte concentrazione verso i servizi, nel 2009 c’è stato un progressivo recupero dei prodotti che sono cresciuti in maniera decisamente più sostenuta . Le vendite dei prodotti dei comparti trainanti sul web (Informatica ed elettronica di consumo, Editoria, musica ed audiovisivi, Abbigliamento, Grocery) sono cresciute più (+17% pari ad oltre 1,1 miliardi di euro) rispetto a quelle dei “servizi” (Turismo e Assicurazioni) che hanno chiuso il 2009 in calo del -2% (circa 3,5 miliardi di euro). Il calo dei servizi è dipeso soprattutto dal segno meno del Turismo (-3%), comparto nel quale si segnala la chiusura di alcune importanti iniziative (Todomondo e Myair) e l’accentramento, su scala europea, di alcune iniziative multinazionali che hanno ridotto il presidio diretto sul nostro Paese (Expedia e Venere).

Ordini evasi: escludendo gli ordini relativi della categoria “Altro” (che comprende tantissimi comparti e micro comparti per i quali è difficile individuare i dati sul numero di ordini e sul valore medio) nel 2009 sono stati evasi oltre 21 milioni di ordini, il 13% in più rispetto al 2008. L’aumento degli ordini effettuati testimonia la propensione generalizzata e crescente del consumatore italiano ad utilizzare il web per effettuare acquisti. Sebbene l’aumento abbia riguardato tutti i principali comparti, vanno rilevate alcune differenze sostanziali: l’abbigliamento è cresciuto del 50%, l’Editoriale musica ed audiovisivi del +17%, il Turismo del 10% e l’Informatica ed elettronica di consumo del 5%.

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