L'Italia secondo l’OCSE attraversa una fase difficile perché la sua economia ha cominciato a rallentare già prima dell’inizio della crisi: nel periodo 2003-2007 la crescita italiana, infatti, si è attestata ben al di sotto della media europea (+1% contro il +2% del resto d’Europa) ed ha registrato performance peggiori rispetto a molti altri paesi europei che, invece hanno raggiunto interessanti tassi di crescita: tra questi soprattutto l’Irlanda (+5,5%), il Lussemburgo (+4,6%), la Grecia (+4,3%), la Spagna (+ 3,5%). Minore è stata, invece, la crescita degli altri “giganti” dell’economia europea: Francia (+1,4%) e Germania (+1,9%). A penalizzare ulteriormente l’economia nazionale, sempre secondo l’Ocse, c’è la situazione dei conti pubblici (il debito tocca la soglia del 15% del Pil) ed una produttività in forte calo.
L’Ocse infatti rileva che: "la principale caratteristica della crescita nell'area euro dal 2003 è che le prestazioni di alcuni Paesi continuano a essere basse e mostrano una debole capacità di ripresa. La crescita in Italia e Portogallo è debole e la produttività, senza un necessario e sostanziale calo nei costi del lavoro per unità di prodotto, continua a essere al di sotto del trend generale".
Il risultato è che in Italia, così come in Austria, Belgio, Francia, Spagna e, in parte, Germania, "gli shock negativi tendono ad avere un impatto iniziale meno forte ma hanno effetti più persistenti, che alla lunga portano a un'ulteriore perdita di produttività".