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Internazionalizzare le imprese

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Andare all’estero conviene. Se lo si fa con professionalità e con le giuste competenze, come spiega Alfredo Rizzo, Direttore dell’Istituto Ice di Bari.
Aziende italiane e imprese straniere: come riesce l’Ice a mettere in comunicazione queste due realtà?
L’Ice opera in Italia e all’estero creando raccordo tra queste due diverse realtà. Con i suoi 16 uffici in Italia e oltre cento all’estero, vanta una rete ramificata che copre tutti i principali mercati di sbocco e di interesse per le imprese italiane. Il principale obiettivo è creare interconnessione tra aziende italiane e mercati esteri, fornendo una serie di servizi, quali l’informazione, l’assistenza, la promozione, la formazione alle aziende italiane per sostenere ed incrementare il loro livello di internazionalizzazione. Un sostegno che si avvale della collaborazione delle istituzioni locali, delle organizzazioni di categoria e delle direttive nazionali provenienti dal Ministero delle Attività Produttive. Sulla base delle specifiche esigenze economiche l’Ice stila il programma promozionale annuale per promuovere gli interscambi commerciali tra il nostro paese ed un mercato estero ritenuto di interesse. Nel 2005 il mercato di riferimento scelto è quello russo, dove i nostri uffici, interagendo con quelli italiani, lavorano per individuare nuove opportunità di business ed offrire assistenza in loco alle imprese italiane che si stanno internazionalizzando.
Si parla tanto oggi di internazionalizzazione. Può provare a darci una definizione breve di questo nuovo modo di affrontare il mercato?
Internazionalizzazione significa per un’azienda riuscire a radicarsi sui mercati esteri mediante lo sviluppo di partenariati commerciali, la delocalizzazione produttiva ed investimenti economici. Di livelli di internazionalizzazione ce ne sono tre: la partecipazione a fiere (il più basso) per la ricerca di intermediari commerciali, l’apertura di show room e filiali estere (livello intermedio) e insediamento produttivo in uno stato straniero (livello più alto). Oggi le aziende italiane, anche pugliesi e lucane, devono passare al livello più alto, cercando, al contempo, di promuovere anche il territorio di provenienza, innescando un circolo virtuoso di interesse verso il Sud Italia, verso le sue bellezze, la ricca tradizione e il patrimonio storico artistico richiamando nuovi turisti stranieri in loco. L’economia italiana, si sa, ha fatto del “piccolo è bello” una sua ragion d’essere.

Crede che fusioni e crescite dimensionali siano l’unica strada per sopravvivere.
Piccolo può essere bello o bellissimo. Un’azienda “micro” può realizzare prodotti unici ed irripetibili sbaragliando qualunque concorrenza. La dimensione aziendale c’entra, ma fino ad un certo punto. Perché esser piccoli ha degli svantaggi (essere esposti a maggiori rischi e pericoli), ma anche indiscussi vantaggi (avere strutture flessibili e più reattive ai cambiamenti dei mercati). Non dimentichiamo che l’Unione Europea si regge su tante realtà produttive di piccole e medie dimensioni da rafforzare.
Effetto Cina: una concorrente agguerrita sui mercati ma anche un mercato che fa gola a molti. Quale il suo giudizio in merito?
La Cina è un’opportunità che però deve essere gestita bene. Non è un mercato semplice, ha delle regole ferree da rispettare, ma può darci grosse soddisfazioni, grazie anche all’ottima percezione che il “made in Italy” vanta in questo paese. Perché il “made in Italy” in Cina è sinonimo di eleganza e di eccellenza nel design, di un “life style”, di un modello produttivo da imitare. La Cina, insieme a India e Brasile, rappresenta, per chi le saprà sfruttare, un mercato promettente. Le prospettive migliori riguardano i produttori di macchinari e prodotti industriali. Meno favoriti i settori più tradizionali che devono puntare più su produzioni ad alto valore aggiunto o su un diverso equilibrio qualità/prezzo.
Quali e quante difficoltà incontra un imprenditore medio italiano che decide di andare all’estero?
Difficoltà ce ne possono essere tante e di diversa entità. Tutto dipende dal grado di apertura dell’imprenditore e dall’organizzazione della sua azienda. A chi si affaccia per le prima volta su mercati diversi da quali nazionali, consiglio di rivolgersi a realtà più facili da gestire, magari appartenenti all’UE, più simili a quella italiana anche se con prospettive più limitate.

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