Il packaging è una leva su cui di recente si stanno concentrando le azioni di marketing di molte imprese nazionali ed internazionali. La spietata concorrenza, le caratteristiche sempre più simili dei prodotti, l’esigenza di differenziarsi rispetto ai competitors, sono solamente alcune delle ragioni che hanno portato le imprese a investire sul packaging, ovvero sugli abiti che i prodotti indossano sul mercato. Abiti che devono risultare accattivanti, gradevoli, appealing, richiamare la casa produttrice e il suo sistema valoriale.
Abiti che, fino a vent’anni fa, rappresentavano un anello debole, quasi insignificante, della catena del marketing aziendale, una spesa aggiuntiva, ai limiti del superfluo, su cui poter “tagliare” nei momenti difficili. Oggi, invece, il packaging è diventato, soprattutto per i brand più forti, il centro d’azione del management, uno strumento vincente per i prodotti in esposizione, l’anello di congiunzione tra il consumatore e la casa produttrice.
Anzi, nei casi più estremi, per i beni di lusso, i profumi e i cosmetici, la confezione è un volano per gli acquisti, un oggetto di culto da mettere in bella mostra nei propri appartamenti, in bagno e in camera da letto. E’ allora che il packaging si evolve in “overpackagine”, diventando la confezione stessa un prodotto di culto, che influisce enormemente sul costo finale ma che soddisfa a tal punto i consumatori da giustificarne gli investimenti dei produttori. In casa Italia, tra i pionieri indiscussi dell’imballaggio vi sono la Perugina e i suoi numerosi imballaggi strategici che hanno spinto il suo prodotto di punta, gli omonimi Baci, il Mulino Bianco che per la prima volta ha proposto biscotti confezionati in sacchetti richiusi. E ancora, la Fanta che, di recente, ha modificato il design della sua bottiglia che da “straight wall” di forma rigida e obsoleta si è evoluta in una “contour” sinuosa e ondulata, piacevole da guardare e facile da impugnare.
Inutile, infine, soffermarsi sul Tetrapak, un tipo di confezione che ha rivoluzionato il mercato del latte e di una vasta gamma di altre bevande vendute nei supermercati.
Se, poi, guardiamo oltre i confini nazionali spicca il caso Coca cola. L’azienda leader nella produzione di bevande analcoliche adatta il packaging ai canali distributivi. La nota bevanda viene servita in alcuni ristoranti e discoteche in bottiglie di alluminio dalla forma sexy, un materiale che secondo Vermondo Busnelli – Resp. Della Tutela Ambientale del gruppo Coca Cola – rivela quanto l’azienda cerchi di coniugare le esigenze estetiche del prodotto con il rispetto e la tutela dell’ambiente. Sono proprio le problematiche ambientali, a determinare il successo e il largo impiego del Pet, una plastica trasparente usata dai produttori di detersivi e saponi che sta soppiantando la plastica. Un successo che deriva dal suo essere riciclabile. Sale l’interesse per il packaging anche nel mondo dei servizi: conti correnti, software ecc. si vestono di abiti sempre più accattivanti e gradevoli alla vista.
E i costi? Tranne per i prodotti di lusso estremo, dove il contenitore è una scultura, e l’aumento dei costi può essere tollerato dai consumatori, per quelli di uso comune (detersivi, acque minerali, ecc) l’investimento in packaging può essere ammortizzato con tagli ai costi di pubblicità o di promozione del prodotto. Gli sforzi compiuti dai pionieri del packaging in Italia sono stati premiati, perché “il packaging è come un venditore silenzioso – racconta Guido Corbella Presidente dell’Istituto Italiano dell’Imballaggio – attrae l’acquirente e tante volte l’aspetto ha più valore del contenuto.” E ammette che “spessissimo nella gdo il prodotto viene scelto per la forma del contenitore”.