Sono state modificate ampie parti della vecchia disciplina fallimentare del 1942 innovandole significativamente ed abrogandone diverse parti come ad esempio l’intera disciplina dell’amministrazione controllata.
Le numerose innovazioni che investono tanto la procedura che la sostanza sono improntate su 4 parametri:
– l’estensione dei soggetti esonerati dall’applicabilità dell’istituto del fallimento; l’accelerazione delle procedure applicabili alle controversie;
– la valorizzazione del ruolo e dei poteri del curatore fallimentare e del comitato dei creditori, e il ridimensionamento di quelli del giudice delegato;
– viene introdotta altresì ex novo la disciplina dell’esdebitazione, cioè la liberazione del debitore dai debiti residui nei confronti dei creditori in taluni casi di buona condotta.
A cambiare, pertanto, sono innanzitutto i parametri di riferimento per l’individuazione dei soggetti “fallibili”.
Il legislatore, infatti, ha chiaramente voluto circoscrivere con meticolosa attenzione quelle che sono le imprese assoggettabili alla norme del fallimento e del concordato preventivo; difatti, solo le aziende commerciali non piccole rischiano crisi a gestione controllata.
La dimensione dell’impresa diventa il vero elemento discriminante al fine dell’assoggettabilità o meno alla disciplina fallimentare. I criteri applicabili in via alternativa sono due ossia: entità degli investimenti ed entità dei ricavi lordi medi degli ultimi tre anni o dall’inizio dell’attività, se di durata più breve. Particolarmente interessante è il limite minimo di indebitamento che impedisce l’esposizione dell’imprenditore a una procedura più onerosa del proprio conto in sospeso; in pratica al di sotto dei 25 mila euro non vi è possibilità di fallimento.
Questi sono solo alcuni aspetti della complessiva metamorfosi della materia a cui si aggiungono il maggior ruolo decisionale del Comitato dei creditori nella gestione del fallimento e la contestuale modifica dell'intervento del giudice delegato, il contenimento degli effetti personali per il fallito, la riduzione dei formalismi e il tentativo di accelerare i tempi della procedura fallimentare.
La riforma che si inserisce nel quadro del generale ripensamento del diritto dell’economia è stata accolta con parere favorevole dalle Commissioni parlamentari e dagli operatori del settore. Si attenderà qualche mese per avere, invece, i primi responsi della classe imprenditoriale.