"Spam" è una marca di carne in scatola di bassa qualità che veniva somministrata durante la seconda guerra mondiale all'esercito americano in quantità industriale.
Per estensione il termine è diventato sinonimo di bassa qualità e, in tempi recenti, è stato introdotto nel gergo informatico per indicare proposte "spazzatura" inviate dalle imprese per fini commerciali nelle casella di posta elettronica di un numero indefinito di destinatari. Un fenomeno, quello dello spam, cresciuto a dismisura negli ultimi tempi e che ha raggiunto ormai dimensioni tali da richiedere oltre alla creazione di filtri e software antispam sempre più evoluti, anche interventi normativi a salvaguardia dei consumatori, sottoposti ad una pioggia continua di messaggi invasivi. Per contrastare questo fenomeno, il Garante della Privacy ha varato lo scorso 4 gennaio un provvedimento che intende scoraggiare le imprese dal proseguire con l’invio di messaggi commerciali multipli, prevedendo la possibilità per i consumatori di richiedere un risarcimento in sede civile. Tutti coloro che ricevono fax, e-mail, sms e mms indesiderati possono rivolgersi al giudice civile e chiedere un risarcimento per lesione dei propri diritti.
Si preannunciano quindi tempi duri per le imprese che avviano campagne di email/sms marketing. Sebbene, infatti, le nuove tecnologie siano un veicolo privilegiato di contatto con la clientela e rappresentino una nuova frontiera per il marketing è bene fare attenzione. Sarebbe soprattutto auspicabile una seria ed attenta riflessione sull’efficacia di certe strategie di comunicazione one-to-one (es. in termini di redemption, fatturato, vendite, notorietà del brand, soddisfazione dei clienti) al fine di valutare la pericolosità di certe scelte. Se un messaggio inviato ad un potenziale cliente viene percepito come invasivo e fastidioso rischia di trasformarsi in una pericolosa barriera all’acquisto.
L’ultimo provvedimento del Garante prosegue una battaglia già avviata volta a contrastare spregiudicate politiche di marketing delle imprese, sempre più spesso orientare a sviluppare azioni di comunicazione one-to-one (es. invii di email, sms, lettere).
Tra queste soprattutto l’utilizzo illecito dei dati personali a fini di marketing: il Garante infatti ha vietato ad una società di inviare in modo sistematico e ad una molteplicità di persone materiale pubblicitario e comunicazioni commerciali senza il consenso dei destinatari, accusandola di compiere un illecito trattamento dei dati personali. A nulla sono valse le rimostranze della società raggiunta dal provvedimento che ha affermato di utilizzare solo i recapiti presenti sugli elenchi commerciali, cioè Pagine Gialle e Pagine Utili. Tali elenchi, secondo le precisazioni del Garante, infatti, non possono essere fonte di acquisizione di dati per l’invio di materiali senza che vi sia un consenso da parte del ricevente, né giustificano spedizioni con particolari modalità (via fax, posta elettronica, sms o mms o chiamate vocali mediante operatore automatico).
I danni dello spam possono essere diversi (nel caso di invio via fax, tale danno può consistere ad esempio nella perdita di tempo, nell’uso indebito della carta, del toner del suo apparecchio e nel disturbo provocato dalla comunicazione indesiderata che tiene occupato l’apparecchio, ecc.) e quantificabile per un’eventuale richiesta di risarcimento.
“Le comunicazioni non desiderate, siano esse quelle effettuate via telefono, fax, o quelle elettroniche via sms, mms, e-mail – afferma Giuseppe Fortunato, relatore del provvedimento – rappresentano oggi le forme più invasive di disturbo nella vita quotidiana di utenti e consumatori. È un fenomeno che va combattuto per liberare le reti di comunicazione da chi le ingolfa solo per proprio profitto. In questa battaglia di civiltà il Garante ha proceduto ad ispezioni tramite Guardia di Finanza, ha denunciato alla magistratura i responsabili, ha comminato notevoli sanzioni e su questa strada proseguirà nella difesa dei cittadini in maniera sempre più incisiva”.