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Comunicazione: la politica non sposa il web

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La rivoluzione internet ha aperto nuovi canali di comunicazione diretta one-to-one e one-to-much. Non si contano più i siti aziendali aperti sul web nell’ultimo decennio, alcuni più innovativi nelle funzionalità, altri più tradizionali. Tanti reperiscono informazioni ormai quasi esclusivamente tramite il web. Altri intessono relazioni sociali tramite facebook e gli altri social network. Insomma si tratta di una realtà pulsante, in continua espansione.

Come si rapporta la nostra classe politica al web? Sembrerebbe piuttosto male. Nel senso che lo scollamento tra i vertici dei partiti e del governo e la vita reale tanto lamentato in realtà si concretizzi anche sul web. Paradossalmente Internet potrebbe costituire, se ben utilizzato, un canale diretto di comunicazione con i cittadini. Ma i politici, almeno per il momento, non sembrano interessati a cogliere questa opportunità. O peggio trasferiscono l’opportunismo che spesso contraddistingue il loro operare anche sul web.

Ecco che, ad esempio, prima delle elezioni proliferare l’apertura di blog e siti web che puntualmente dopo le elezioni restano abbandonati. Nessuna notizia. Nessuna informazione. Magari qualcuno si limita a lasciare un ringraziamento ai propri elettori. Un atteggiamento che, a nostro avviso, può diventare un boomerang dagli effetti difficili da calcolare. In rete, infatti, non basta essere presenti, creare un sito una volta per sempre. Internet, come la vita, è in continuo fermento ed evoluzione. La credibilità di ogni utente si costruisce nel tempo. Con interventi settimanali, se non addirittura quotidiani. Parole e pensieri che esprimano il punto di vista di un esponente politico o un partito. La rivoluzione della politica ed il tanto auspicato rinnovo della classe dirigenziale potrebbe passare anche attraverso il web. Più comunicazione, dunque ma non solo. Interazione con gli utenti deve essere una priorità strategica nella creazione di siti e blog.

Parlare ma anche saper ascoltare. Quali sono gli interessi ed i problemi della propria gente per riuscire a rappresentarla nel migliore dei modi negli ambienti politici che contano. Internet abbatte le distanze; fisiche, sociali, economiche. Un’opportunità concreta per raggiungere gli elettori e gli scontenti senza dover più attraversare il paese in lungo e largo. Si tratta di un nuovo modo di fare e pensare la politica. Più scomoda forse perché ci si espone a critiche. Ma dalle critiche si cresce e si impara.

Perché dunque non provare a raccogliere questa sfida dei nostri giorni? Internet è un media alternativo alla tv, probabilmente raggiunge un target molto diverso; la parte più curiosa della nostra società che rivendica il diritto a dire la propria senza dover passivamente sorbire quanto altri hanno deciso di far vedere e “passare” attraverso la televisione. Potrebbe essere uno strumento nuovo per creare consenso. Spunti interessanti si trovano in uno studio condotto diversi mesi da Stefano Epifani Docente della comunicazione della sapienza di Roma che ha mappato, per la prima volta in Italia, le attività online di 952 deputati e senatori del nostro Parlamento.

“Il punto di partenza – spiega De Stefano – è quanto i nostri politici usino il web e più nello specifico gli strumenti conversazionali del web evoluto. Abbiamo voluto cercare di capire quanto al di là della comunicazione di partito o istituzionale, ad ampio raggio, gli strumenti “personalizzanti” del web 2.0 siano appunto usati dal singolo politico per mantenere i contatti con il proprio elettorato di riferimento. Alcuni dati: in genere i parlamentari di sinistra usano con maggiore frequenza gli strumenti della rete sociale, così come c’è una prevalenza delle parlamentari donne, mentre non c’è alcuna correlazione con il dato territoriale: non c’è differenza tra politici provenienti dal sud, centro o nord”.

Tra i dati più interessanti emersi si segnala la modesta percentuale degli attuali eletti che hanno un sito web (il 42%). Se ci si sofferma sulle attività realizzate online il quadro peggiora ulteriormente: il 16% di chi è presente in rete ha aperto un sito web prima della campagna elettorale per abbandonarlo al termine delle votazioni. Del restante 26%, un quarto ha creato siti statici, privi di qualunque interazione con gli utenti. Lo strumento di dialogo più frequentemente adottato è il tradizionale “scrivimi” che di solito apre una mail con l’indirizzo del parlamento. Un segnale chiaro dell’ascolto che si concede a chi naviga, quasi serpeggiasse il timore di essere contraddetti o, peggio ancora, criticati.

Facebook, sempre ai tempi dello studio, aveva conquistato solo 2 onorevoli su 10, segno che nessun politico italiano aveva colto la "lezione Obama" che, proprio grazie ai social network, ha costruito la sua notorietà ed il suo successo elettorale.

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