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Ancora poco preparate le imprese al cambio generazionale

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Il cambio generazionale costituisce un momento delicato nella vita di un’impresa, che va preparato per evitare brusche conseguenze in azienda. Come e quanto le imprese si preparano oggi a vivere questa difficile fase è stato oggetto di una recente indagine, la Financial Direction Survey 2008, realizzata a livello globale dalla società di recruitment specializzato Robert Half su un panel di oltre 3.500 professionisti dell’area amministrazione e finanza di 14 paesi, tra cui l’Italia.

Il grado emerso a livello generale e confermato anche in Italia è di un’ancora insufficiente preparazione al cambio generazionale e, soprattutto, un forte ancoraggio a risorse umane di età avanzata che lascia poco spazio ai giovani. Il 54% dei dipartimenti di amministrazione e finanza delle aziende italiane non si sta preparando al pensionamento dei cosiddetti “babyboomers”, come viene chiamata la generazione nata fra il 1946 e il 1964. E sono soprattutto (il 65%) le realtà di medie dimensioni (con meno di 50 dipendenti) a trascurare iniziative in tal senso, contro il 21% delle aziende di dimensioni maggiori, che risultano essere più previdenti. Le strade scelte dalle imprese intervistate che ha dichiarato di prepararsi al cambio generazionale sono diverse:
– il 38% preferisce velocizzare i percorsi di carriera al fine di assicurare all’azienda un solido zoccolo manageriale. Questa percentuale sale al 50% se si considerano le aziende con più di 50 dipendenti
– il 32% promuove programmi di training per preparare la “nuova generazione” di manager. Questa è la soluzione preferita dalle aziende con meno di 50 dipendenti che la adottano per il 41%
– il 24% adotta programmi di “mentoring”, ovvero periodi di affiancamento che assicurino il passaggio di conoscenze dai senior ai più giovani, modalità che risulta tra le preferite dalle aziende con meno di 50 dipendenti (29%)
– il 30%, equamente ripartite tra PMI e grandi imprese, cerca di garantire continuità ed efficienza, offrendo ai “senior” in procinto di andare in pensione la possibilità di continuare a lavorare con contratti basati su precisi progetti.

I lavoratori intervistati si dichiarano piuttosto favorevoli ad accettare un eventuale contratto di consulenza dopo la pensione (43%), specialmente se
– proviene da una grande azienda (49%)
– ricopre un incarico manageriale (48%)
– è di sesso maschile (50%)
– ha varcato la soglia dei 40 anni (46%).

Vittorio Villa, Managing Director Robert Half in Italia commenta i dati emersi, affermanco che “i risultati dello studio evidenziano quanto le aziende siano poco preparate al cambio generazionale. In Italia, come nella maggior parte dei Paesi coinvolti nell’indagine, si continua a preferire un responsabile senior, capace di trasmettere ai più giovani gli strumenti professionali più concreti in ambito amministrazione e finanza e, di conseguenza, di apportare all’azienda reali benefici in termini di trasferimento di conoscenza. L’approccio è tendenzialmente corretto, tuttavia diventa strategico che ciascuna organizzazione investa fin d’ora per strutturare il proprio management in vista del cambio generazionale. Solo in questo modo si potrà evitare la perdita del patrimonio professionale, di conoscenza e, molto importante, di relazioni che caratterizza i dirigenti più senior.”

Per ulteriori informazioni: MS&L Italia per Robert Half – Emanuela Locci (emanuela.locci@mslworldwide.com) – Valentina Ottobrini (mailto="valentina.ottobrini@mslwolrdwide.com">valentina.ottobrini@mslwolrdwide.com)

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