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Anche i Manager soffrono la crisi

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Non è sempre vero che le crisi colpiscono solo i più deboli: lo rivela una recente indagine condotta nel nostro Paese da Astra Ricerche per Manageritalia (Federazione dirigenti, quadri e professionale del terziario) che disegna un profilo del Manager Italiano profondamente diversa dallo stereotipo del dirigente ricco, sicuro e con uno stile di vita molto agiato.

“La crisi colpisce duro anche i manager – afferma il presidente di Manageritalia Claudio Pasinie sono purtroppo parecchi quelli che hanno perso o perderanno il lavoro nei prossimi mesi.”

Molte aziende stanno tagliando il personale in risposta al calo di domanda e produzione. E i tagli non stanno risparmiando molti vertici aziendali.

Bastano pochi numeri a confermare la crisi della categoria: dopo un triennio con il segno più (+2,7% con ben 120.432 dirigenti e 318.315 quadri per un totale di 438.747 manager) si calcola che nel 2008 si perderanno circa 10 mila posti nel settore dell’industria e dei servizi con un trend che proseguirà anche quest’anno.

Le analisi di Astra sconfessano un altro dei luoghi comuni che circondano il management italiano è cioè che i dirigenti siano troppi ed eccessivamente pagati.

In Italia, infatti, si conta meno di un dirigente ogni 100 lavoratori dipendenti, contro i 3 ogni 100 della Francia e i 6 ogni 100 della Gran Bretagna.

A livello retributivo il loro stipendio medio annuo è di 100.000 euro lordi (3.700 euro netti al mese), 4 volte superiore a quello percepito da un semplice operaio ma ben lontano dalle principesche retribuzioni di pochi Top Manager di cui si legge sulla stampa.

Inoltre, al contrario di impiegati e operai, quadri e dirigenti con la perdita del proprio impiego perdono anche tutti i benefit e le garanzie. Non viene riconosciuto loro alcun diritto, non possono appellarsi all’articolo 18, né accedere agli ammortizzatori sociali: solo nelle grandi imprese è previsto un periodo di "guarded leave" di due mesi nei quali si percepisce lo stipendio pur non lavorando.

Un caso emblematico dei tagli ai vertici è quello che ha riguardato il team di ingegneri italiani della Motorola dello stabilimento di Torino: l’azienda ha deciso di chiudere i centri di ricerca in Europa, di rinunciare al suo know-how europeo, lasciando molti ingegneri senza un posto di lavoro. Ha dato loro scarso preavviso e non ha mostrato interesse a riassumerli nemmeno in posizioni inferiori.

Ma chi sono i manager a rischio? Sono dotati di un elevato livello di istruzione e professionale (solitamente laurea più Master), lavorano 52 ore circa la settimana (circa 10 ore per 5 giorni lavorativi). Sono spesso il motore strategico delle imprese e il capitale umano che garantisce il maggiore know-how nei progetti imprenditoriali. In genere la loro vita professionale dura poco e si connota per un’elevata mobilità: il 20% circa ogni anno cambia o perde il proprio incarico, mentre il 5% dei dirigenti (circa 6.000) resta disoccupato.

Quale futuro per queste professionalità? Per molti si apre la strada per una probabile attività consulenziale. In questo modo potranno prestare i propri “cervelli” alle imprese clienti che vorranno e sapranno cogliere l’importanza dell’inserimento, anche a tempo determinato, delle loro competenze e know-how in azienda. Un passaggio fondamentale per la crescita del livello manageriale di molte piccole imprese tipicamente “made in Italy”.

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