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Al venture capital italiano piacciono le idee hi-tech

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Il venture capital italiano guarda con interesse alle idee tecnologiche e web oriented più brillanti e particolari da finanziare nel corso 2009. Perché se è vero che resta ancora un certo timore diffuso verso questi ambiti di business, per via degli strascichi dello scoppio della bolla della new economy, dall’altro c’è chi 55 tips for men to raise testosterone levels pensa che sia giusto iniettare capitali in realtà imprenditoriali web oriented.

L’orientamento dei capitali di rischio è quello di stanziare risorse modeste per singolo progetto. E gli investimenti in tecnologia ben si sposano con questa propensione: con 200mila euro, ad esempio, si può creare cassa per nuovi modelli di business come motori di ricerca tematici, applicazioni software per la sicurezza, distributori di musica online, contenuti per la telefonia mobile o il mondo dei social network e tanto altro ancora. Gianluca Dettori, anima di Dpixel, advisor e gestore di Dseed, in un’intervista al Sole 24 Ore racconta che «dopo la calma piatta seguita allo sboom della new economy, in questo momento il mercato si sta muovendo alla ricerca di nuove idee da finanziare. E questo perché in una tale fase economica il venture capital potrebbe vincere sul private equity tradizionale che lavora sfruttando la leva di debito». Il Sole 24 Ore ha stimato, sulla base dei dati Aifi del I semestre, che il 2008 potrebbe chiudersi con investimenti effettuati pari a circa 850-950 milioni (+10% rispetto al 2007).

Di questa somma 200 milioni circa avrebbero riguardato investimenti hi-tech: in pratica che nel 2008 nel nostro Paese quasi 1 operazione di venture capital su 4 potrebbe aver riguardato il settore delle nuove tecnologie. Ad essere premiate tra le tante idee presentate come proposta di finanziamento soprattutto quelle che in pochi anni prevedono di decuplicare l’investimento. Ogni società di venture capital riceve annualmente centinaia di business plan. Ciò che rende attraente agli occhi del venture capital una start up spesso è la presenza di business e manager forti. «Ci piacciono società giovani con un alto potenziale di crescita – racconta Claudio Giuliano di Innogestma che dopo 5 anni arrivino a produrre ricavi nell'ordine dei 60 milioni di euro».

Così mentre qualche iniziativa, anche governativa, si segnala per la volontà di mettere in campo risorse per le imprese, come il fondo per il Sud con una dotazione di 86 milioni di euro per investire in società del Mezzogiorno ad alto contenuto tecnologico, gli operatori lamentano alcuni deficit che penalizzano l'Italia, in primis le resistenze culturali. «In molti progetti manca l'idea di globalità e la voglia di alzare il proprio orizzonte al di là della classica dimensione di società familiare», spiega Lorenzo Franchini, co-fondatore di Italian Angels for Growth.

E non depongono certo a favore i venti di crisi che in questi giorni spirano su imprese tecnologiche leader come Google che, per la prima volta, ha annunciato dei tagli del personale.

E' possibile, però, che mentre le imprese tecnologiche più grandi vedano appiattirsi progressivamente la propria "curva" della crescita, nuove micro-aziende, dotate magari di un ufficio ed una ventina di dipendenti, possano vivere crescite esponenziali. Perché il web, ci piace ricordarlo, da sempre è stato molto generoso con le persone dotate di idee ed intuizioni brillanti.

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