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Acque minerali: un mercato in salute

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Mentre il dibattito sul tema dell’acqua come bene pubblico o risorsa privata resta ancora aperto e molto attuale, negli ultimi venti-trenta anni si è aperto un fiorente mercato e business, che ruota intorno a questo bene prezioso. Si tratta dell'acqua minerale che viene imbottigliata e venduta in tutti gli iper e supermercati entrando in tutte, o quasi, le nostre case.

Si precisa che per acqua 
minerale si intende non una semplice variante commerciale dell’acqua del 
rubinetto, ma un prodotto che deve 
rispondere a precisi requisiti indicati nel decreto legge 25/1/1992 n.105:
 “sono considerate acque minerali naturali le acque che, avendo origine da una 
falda o giacimento sotterraneo, provengono da una o più sorgenti naturali o
 perforate e che hanno caratteristiche igieniche particolari e proprietà favorevoli alla
 salute”.

All’interno di questa categoria si è soliti distinguere l’acqua anche in base a
• grado di effervescenza: il mercato
 è dominato per il 64% dalle acque lisce, mentre le frizzanti occupano una quota pari
al 19% e le effervescenti naturali si collocano a quota 17%.
• tipo di imballaggio: esiste un netto predominio della plastica (79%), seguita dal vetro (19%). Solo il 2%
viene venduta in dispenser.


Trainato anche dagli scandali reali o presunti sulla gestione dell’acqua pubblica che sgorga nei nostri rubinetti, il mercato italiano delle acque minerali gode di un ottimo stato di salute, non scalfito né dalla crisi economica, che ha messo in ginocchio molti comparti produttivi negli ultimi mesi, né dall’affermazione crescente di un atteggiamento ecologista che promuove il consumo di acqua che sgorga dal rubinetto, per ridurre l’uso della plastica e l’inquinamento, provocato dai trasporti delle bottiglie in tutta Italia.

L’Italia si segnala a livello europeo e mondiale per l'enorme consumo di acqua minerale pro-capite che si attesta intorno ai 195 litri: un record che fa schizzare il nostro Paese in testa alla classifica d’Europa e in terza posizione in quella mondiale, dopo Emirati Arabi e Messico. Per quel che riguarda l’acqua in bottiglia si stima che ogni anno nel nostro paese si imbottigliano circa 12,5 miliardi di litri di acqua che utilizzano 300 delle 700 sorgenti presenti nel territorio nazionale. E, sebbene il margine di profitto per singola vendita sia piuttosto contenuto, le vendite alte in volume e quantità rendono questo mercato un business del valore di oltre 3 miliardi di euro.


Nel comparto italiano risultano attualmente attive circa 321 aziende di imbottigliamento ed 8 mila addetti a cui si sommano gli occupati dell’indotto (circa 40 mila posti di lavoro). Molte hanno una dimensione ridotta ed una diffusione locale. A queste si affiancano anche altre, neppure pochissime, molto più grandi che controllano la gran parte del mercato che si presenta molto concentrato.

Da sole Nestlé, San Benedetto, Rocchetta/Uliveto e Ferrarelle si spartiscono il 55% del mercato, mentre altri 4 gruppi (Spumador, Norda, Fonti
di Vinadio e Gaudianello) controllano una quota del 18,4%.

L’azienda leader nel mercato per vendite è la Nestlé che vanta un record
 di circa 1 un miliardo di litri l’anno ed è proprietaria di marchi molto conosciuti, come S. Pellegrino. Della quantità complessiva imbottigliata in Italia, un
 miliardo di litri varca i confini nazionali per un valore complessivo dell'export di circa 400 milioni di euro. Francia, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti e
 Canada sono i mercati in cui l’acqua italiana è meglio piazzata.

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