La Turchia è un paese amico dell’Italia. Sia dal punto di vista politico che imprenditoriale. Non è un mistero, infatti, che tra il Presidente del Consiglio Berlusconi ed il Premier turco Erdogan vi sia dell’amicizia e che i loro rapporti siano intensi sia dal punto di vista ideologico che familiare, essendo stato Berlusconi testimone delle nozze del figlio di Erdogan. Fitte sono anche le relazioni commerciali tra gli imprenditori italiani e quelli turchi.
Il made in Italy ha cominciato a farsi largo in questo mercato, così distante da noi in termini di storia e cultura: hanno cominciato a penetrarlo dapprima le aziende del settore automotive e dell’energia come Fiat e Pirelli, Eni e Saipem. Poi è stata la volta degli elettrodomestici della Indesit. Dagli anni ’60 ad oggi il numero di imprese che è sbarcato in Turchia per attivare relazioni di business è stato in progressivo aumento: a marzo 2010 erano 766, oggi sono salite a circa 780.
Il primo trimestre 2010, nonostante le mille difficoltà in cui versa l’economia italiana, Roma ha fatto registrare un entusiasmante crescita dell’export in Turchia del ben 53,5% rispetto allo stesso periodo 2009.
Nella classifica dei partner commerciali di questo Paese, l’Italia si colloca in quarta posizione, preceduta di poco dalla Cina; è inoltre il quinto paese fornitore ed il secondo importatore. Nel 2009 l’interscambio dell’Italia con la Turchia ha sfiorato i 13,6 miliardi di dollari, con un calo giustificato dalla congiuntura internazionale molto negativa del 27,7% rispetto al 2008.
Altro dato rilevante nelle relazioni commerciali Italia-Turchia riguarda gli investimenti degli imprenditori italiani: una recente nota diffusa dall’ICE segnala che “gran parte dei prodotti esportati dall’Italia riguarda il settore dei beni strumentali ed intermedi”.
Oltre al consueto gruppo capofila delle nostre esportazioni, rappresentate dal lusso e dalla moda, le imprese italiane stanno progressivamente diversificando i propri affari: il settore nautico, ad esempio si sta facendo largo nel mercato, godendo di stima ed apprezzamento, così come anche i settori della green economy, come protezione ambientale, tecnologie per il restauro del territorio ed energie rinnovabili, ambiti in cui per le imprese italiane potrebbero aprirsi nuove interessanti opportunità.
Alcune imprese hanno scelto la strada del radicamento sul territorio, attivando collaborazioni con imprese locali: Tofas, ad esempio, è un’azienda automobilistica partecipata dalla Fiat e dalla turca Koc Holdin con una quota identica pari al 38,7% che costruisce in joint venture due noti modelli di autoveicoli Fiat: Doblò e Fiorino.
I media locali dimostrano di apprezzare e stimare il made in Italy: basti pensare alla rilevanza data al successo sportivo realizzato dall’Inter in Spagna e, soprattutto, al restauro della Torre del Palazzo Dolmabahçe realizzato di recente da tecnici italiani nell’ambito dei 500 progetti culturali che caratterizzano Instambul quale “capitale europea della cultura”. “Oggi l’Italia occupa una posizione privilegiata” precisa Robertto Luongo, direttore dell’Istituto Ice di Instanbul da 5 anni “e la credibilità del sistema italiano è altissima”.
Nel 2008 la quota di commesse pubbliche aggiudicate da imprese nostrane è stata altissima ha portato l’Italia ad occupare la prima posizione tra i paesi stranieri. I dati relativi al 2009 non sono ancora stati resi noti: è possibile che il nostro paese sia scivolato in seconda o al massimo in terza posizione. Ma si tratterebbe comunque di un’ottima performances, considerata la pesante crisi che si è abbattuta a livello internazionale nel 2009.
Le prospettive per il futuro del mercato turco sono abbastanza positive. “il pil turco – secondo la Banca Mondiale – crescerà del 5%, i primi dati previsionali sono abbastanza favorevoli, l’economia reale tenderà ulteriormente a rafforzarsi”. Ed il paese punta all’ingresso nell’Unione Europea, un evento che potrebbe favorire ulteriormente gli imprenditori italiani, già stimati ed apprezzati in tutto il paese.