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Motori di ricerca dal volto umano

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Google è il leader delle ricerche on line. Punto di riferimento su scala mondiale per chi desidera cercare dei contenuti per ricerche di vario contenuto e genere. Eppure c’è chi guarda con crescente sospetto ai meccanismi che sono alla base di questo super-motore di ricerca pensato da Sergey Brin e Larry Page. Alla base della fortuna di Google vi è un potente e segreto algoritmo che viene costantemente analizzato ed aggiornato. Un meccanismo completamente automatizzato che si basa su parametri e numeri.

Un sistema sofisticato che consente oggi ai fondatori di Google di mantenere un altissimo controllo sulla rete ed i suoi traffici. Nonostante la fama di Google sembra lontana dal poter esser messa in discussione, da tempo sono in fase di sperimentazione o di sviluppo di nuovi progetti di ricerca web. Obiettivo di questi progetti è garantire un maggior coinvolgimento e partecipazione degli utenti in rete per creare sistemi di ricerca più “umani”.

Progetti che per la verità stentano a decollare: molti sono infatti scomparsi senza lasciare traccia nel giro di pochi mesi; altri resistono ma senza raggiungere un grande successo (es. ChaCha.com e le sue guide umane che forniscono risposte in tempo reale via chat o sms).

Altri ancora strizzano l'occhio al trend sociale del momento (es. il motore israeliano Delver.com punta sulla socializzazione dell'esperienza di ricerca, attraverso un posizionamento dei risultati in base alle preferenze espresse dagli amici). Questi progetti nascono dalla volontà di garantire maggiore apertura e trasparenza sulle regole di selezione dei contenuti e sui filtri che decidono dell'accesso alla conoscenza di milioni di persone. C’è chi critica il sistema Google in quanto appare ingiusto che una tecnologia proprietaria e segreta abbia un ruolo così importante. Un sistema che non si sa bene quanto possa essere imparziale e impermeabile a tentativi di manipolazione per ragioni più o meno legittime (commerciali, politiche o di censura come già avviene in Cina). Jimmy Wales, fondatore di Wikipedia, sta provando a dare una risposta a questi interrogativi, riproponendo il modello collaborativo che ha portato al successo Wikipedia anche nel mondo delle ricerche, con il Wikia Search. «La ricerca è parte dell'infrastruttura fondamentale di internet. E al momento ha fallito, per le stesse ragioni per cui i software proprietari hanno sempre fallito: mancanza di libertà, di community, di affidabilità, di trasparenza». I punti di riferimento del Wiki Search dovrebbero essere, come in passato, il movimento open-source e l'economia del dono. Elementi considerati fondamentali per dar vita ad un motore:
di qualità – grazie alla collaborazione degli utenti
trasparente – perché tutti gli algoritmi saranno noti
rispettoso della privacy – i dati personali non saranno sfruttati per scopi commerciali. Il sistema dovrebbe essere basato sui giudizi degli utenti.

Dopo una ricerca l’utente dovrebbe esprimere un giudizio sulla validità dei risultati. Il sistema incorpora tutti i feedback e fornisce risposte sempre più pertinenti. L’ordine di visualizzazione dei link non dipenderà più da ignoti algoritmi, ma dalle scelte effettuate (discusse, criticate, aggiornate) dai navigatori-ricercatori sul web.

Sull'effettiva capacità di coinvolgere gli utenti, non tutti sono concordi. Jason Calacanis, imprenditore noto sul web, contrario a ogni forma di volontariatocrazia, ha lanciato di recente un nuovo motore, Mahalo.com, dal cervello umano, che viene gestito da personale (60 redattori full time e 400 freelance) adeguatamente retribuito. Calacanis prevede che in futuro i motori tenderanno alla diversificazione tramite un filtro che sia al contempo:
– algoritmico per le ricerche più specifiche e mirate;
– sociale per quelle che richiedono un minimo di fiducia (un consiglio per gli acquisti o la scelta di una fonte);
– umano per quelle più sensibili e manipolabili, in cui sarà necessario distinguere i contenuti pertinenti dalla propaganda e da tutto lo spam nato intorno all'ottimizzazione per i motori di ricerca.

Ma sono ancora in pochi a scommettere sul successo di questa iniziativa troppo centralizzata e orientata al business. Maggiore entusiasmo sta incontrando, invece, il Wiki Search. Wikipedia e il movimento open source insegnano che la partecipazione disinteressata può produrre alternative valide ai sistemi chiusi e proprietari e che sul web non sempre quando vi lavorano persone in pianta stabile si ottengono contenuti e servizi di qualità.

A Calacanis va certamente riconosciuto il merito di aver segnalato una necessità: individuare strumenti differenziati per affrontare la complessità dei contenuti in rete. Accanto a Google, potranno così coesistere progetti più umani e collaborativi come Wikia e Mahalo. Un modo per difendere la libertà degli utenti e di evitare che la grande community del web dipenda tutta da un unico imperscrutabile algoritmo.

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